I Fondi interprofessionali
I Fondi interprofessionali per la formazione continua sono stati istituiti con la legge 388/2000. L’obiettivo è diffondere la pratica dell’aggiornamento e della formazione nelle imprese italiane, “in un’ottica di competitività delle imprese e di garanzia di occupabilità dei lavoratori” (art. 118). Nelle intenzioni del legislatore è quindi chiaro (anche in tempi molto lontani dalla crisi) che la formazione è la chiave di volta per la crescita delle imprese e l’occupabilità dei dipendenti.
I Fondi sono organismi associativi di diritto privato, che vengono istituiti in base ad accordi interconfederali stipulati “dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale” e si alimentano con il contributo dello 0,30% in base alle adesioni delle imprese.
I Fondi possono finanziare in tutto o in parte piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali condivisi tra le parti sociali, attenendosi al criterio della redistribuzione delle risorse versate dalle aziende aderenti a ciascuno di essi e al principio della trasparenza, nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse ai piani concordate tra le parti sociali.
Vantaggi per le imprese
- Tempi rapidi di finanziamento della formazione. Se le imprese hanno bisogno di adeguare le professionalità interne in vista di una nuova commessa o di progetti di espansione su nuovi mercati, non possono permettersi i lunghi tempi di attesa delle fonti di finanziamento pubbliche.
- Piena aderenza tra esigenze delle imprese, sviluppo delle competenze dei lavoratori e attività formative.
- Estrema attualità della formazione. Il Fondo, continuamente in contatto con i diversi territori e tutti i settori produttivi, recepisce in tempo reale le esigenze emergenti del mercato e le traduce in iniziative di finanziamento della formazione che soddisfano i nuovi fabbisogni, agendo anche da fattore di conoscenza e di stimolo alla crescita delle imprese.
Ogni attività formativa deve avere il consenso delle rappresentanze imprenditoriali e sindacali, a livello aziendale, territoriale o categoriale. Questo dà la massima garanzia di adeguatezza della formazione ai fabbisogni di competenze sul lavoro. Inoltre, rende possibile l’emersione dei nuovi fabbisogni (spesso non presenti nell’offerta formativa) e la partecipazione delle Pmi ai processi di formazione che ne garantiscono rinnovamento e competitività. Un tratto particolarmente importante per il tessuto produttivo italiano, composto per oltre il 99% da Pmi.
L’azienda quindi ha le professionalità aggiornate tempestivamente – fattori indispensabili nella concorrenza globale – e il lavoratore ha nuove competenze che lo rendono più appetibile sul mercato del lavoro e la sicurezza di lavorare in un’azienda che sta consolidando le sue posizioni. Il tutto in un circuito autoalimentato che fa progredire il sistema formazione-lavoro-produzione senza pesare sulla collettività.